Colpa delle stelle di Josh Boone

 

Si può vivere e ridere anche in faccia alla morte? Ciò che fa la differenza è il ‘come raccontare una storia triste’ o sposare una visione del mondo (la struggente liaison tra due ragazzi malati terminali) rendendola non oggetto di compassione, bensì di un’empatia che travalichi una serie di altrettante domande?

Come in letteratura che al cinema, amore e morte sono sempre stati un connubio vincente: un coro di voci disincantate e mai rassegnate, che sposassero il ‘per sempre’ di un non qualunque altro primo amore distinguibile da tutti quelli che lì seguiranno dopo. E nel momento in cui la fiction sembra voler dire ai più giovani che per la riuscita di un teen movie basta eliminare le scene madri sdolcinate, per concentrarsi semmai, con sensibilità disarmante, su pochi ed essenziali dettagli, ecco l’aforisma perentorio inumidire gli occhi a colpi di proverbiali ‘frasi-gancio’ («Cos’è che ti fa più paura?», «L’oblio»).

Non bastano lacrime, le parole scritte sovrapposte ai vari dispositivi elettronici, il virare su argomenti fra i più dibattuti dall’uomo, senza prendersi quelle libertà autoriali nel concedersi la deflagrazione sedicente di alterare fatti o personaggi in funzione del passaggio dal best seller al grande schermo. Colpa delle stelle si colloca proprio lì, su un terreno sì esorbitante, ma aggrappato in punta di piedi all’eloquio dell’io narrante di John Green. Necessariamente non un male, anche se il fine è noto e zuccheroso, però riesce a separare da un simil corpus – scritto con leggiadria e un’attraente incisività – il melodramma dalla commedia romantica. Perché lo scopo insito nella premessa di fare di una tragedia un veicolo commerciale, è a ben guardare evitato dal punto di vista dei rapporti umani e non semplicemente dato come risposta ad un meccanismo ‘drogato’ dall’emozione per indirizzare in maniera pedante lo spettatore. Intento che funge (a volte) nel dribblare convenzioni e luoghi comuni, più glorificato dalla fedeltà ai suoi dialoghi interiori che manipolato dalla macchina meretrice di stampo hollywoodiana.

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Hazel Grace Lancaster (Shailene Woodley) ha sedici anni. Alterna momenti di grande affetto e di scarsa tolleranza nei confronti dei suoi genitori, quando poi s’invaghisce, ricambiata, di un giovane di nome Gus Waters (Ansel Elgort). I due ragazzi iniziano una storia in cui condividono anche i timori e le preoccupazioni per il loro stato di salute, oltre alla passione per i libri, fra cui primeggia il preferito di Hazel, An Imperial Affliction. La ragazza ha provato più volte a contattare l’autore del libro, Peter Van Houten (Willem Dafoe), ma sempre con scarsi risultati. Quando Gus riesce a raggiungere Van Houten tramite l’assistente dello scrittore, viene inaspettatamente invitato ad incontrarlo ad Amsterdam. Gus intende portare Hazel con sé in un viaggio che potrà finalmente chiarirle il motivo per cui questo libro è sempre stato tanto importante per lei.

L’adolescenza è un treno lanciato a tutta velocità dove ci sono meno compromessi e tutto si vive al massimo, mentre a posteriori chi vive un destino ‘avverso’ paga il prezzo di enormi sofferenze: una data di scadenza così ravvicinata, che può lasciare ferite indelebile in chi resta. Dunque ai fini di velocizzare il racconto, eliminare il superfluo e garantire l’umorismo intatto delle pagine di Green, alla pellicola di Josh Boone va dato atto di aver conservato quell’appeal a metà fra la seduzione e lo scherno, che attraverso lo sguardo mobile e attento dei suoi ammalianti protagonisti, bada bene a non eccedere in contraffazioni cinematografiche. Un’atmosfera stemperata/ovattata da una continua sottolineatura musicale a base di soft rock, che glissano sulle ali ‘facilone’ un sotteso e doloroso pathos. Eppure meno impacciato di altri classici su generis, Colpa delle stelle rappresenta un ulteriore passo avanti nel lusingare il pubblico più giovane (come i ripetuti scambi di sms) con la forza pura dei sentimenti non filtrati dalla razionalità degli adulti. Non c’è ricatto, insomma, dove in fondo il clima resta costantemente rarefatto e condotto con mano ferma da un regista fin troppo scolastico nella messa in scena, ma bravo nell’identificarsi coi protagonisti e far riscoprire la gioia catartica di ‘sognare’ giusto il tempo per un tweet.

Un incanto, quello preservato nella struttura del cancer romance, che può vivere da sé solo nella veridicità incentrata sulla chimica delle due persone su cui gravitas sorti terribili e un cuore mai arreso. Inaspettatamente piacevoli, la bella Shailene Woodley (Paradiso amaro) anella scintille con l’imbranato Ansel Engort (visto anch’egli in Divergent), perfettamente integrati nelle loro complessità a furore di metafore e rimandi. Sguardi limpidi in camera, laddove non viene svelata alcuna verità altisonante; lo stesso che non si può dire del cinico scrittore, malgrado l’impegno di un Willem Dafoe tanto fuori posto a dispetto di un personaggio dall’ottimo potenziale. In compenso Boone ricostruisce un montaggio funzionale, che impiega poco a svariare nero su bianco ogni singolo episodio, nel consegnarci la love story ‘per eccellenza’ raccontata ai tempi della Net Generation. Peccato allora, che la potenza fascinosa di Colpa delle stelle rimanga imbrigliata su un finale infarcito dai già delicati ‘pensieri buoni’, senza alcun altro trattamento particolare. Quasi che la sceneggiatura firmata da Scott Neustadter e Michael H. Weber di 500 giorni insieme sia restia a mutare le premesse riguardo agli attori, per poi assecondare certe derive tutte teenager. D’altronde, la realtà conta quando la finzione (che serve meglio a leggerla) staziona proprio in un ‘altrove’ come questo. Tutto sommato è sempre «l’amor che move il sole e l’altre stelle».

Colpa delle stelle

  • Regia: Josh Boone
  • Cast: Shailene Woodley, Ansel Elgort, Laura Dern
  • USA 2014

Trailer di Colpa delle stelle

Francesco Bruni

Lynchiano di spirito, Malickiano di adozione, mi cimento con la 7 Arte da quando possiedo memoria. Ho collaborato con diverse testate online, esplorando il cinema in tutte le sue forme, prodigandomi nella tecnica audiovisiva come nella scrittura di critica giornalistica. DaDamovie è il mio primo blog cinematografico.
 

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