Lady Eva, una commedia sentimentale firmata Preston Sturges

 

Ci sono tantissimi grandi registi/sceneggiatori nella storia del cinema, uno di questi è sicuramente Preston Sturges che con Lady Eva (The Lady Eve, 1941) ci regala una delle sue prove migliori. In questa spassosa commedia sentimentale Hollywoodiana degli anni ’40, Charlie, un ricco ereditiero (Henry Fonda), viene sedotto dalla bella truffatrice Jean (Barbara Staynwick). L’avventuriera insieme al padre (l’azzeccatissimo Coburn) e ad un altro socio (Cooper) sono un simpatico gruppetto di truffatori e questa volta la preda prescelta è un ricco ofiologista (studioso di serpenti).

Come si salverà? Semplice … Jean si innamorerà di lui!

Ma così, tutto sarebbe fin troppo semplice. Charlie invece, anche lui innamorato (anzi, innamoratissimo!) scopre che lei è una truffatrice e prima che Jean possa dirgli la verità la lascia, senza alcuna possibilità di replica.

Molto tempo dopo, Jean, sotto le vesti di una nobile inglese, Lady Eva appunto, lo seduce nuovamente e questa volta … lo sposa! Ma è a questo punto che questa commedia alla Lubitsch (ricordo il bellissimo Scrivimi fermo posta, 1940) ci regala La scena! Lady Eva nella prima notte di nozze, nel vagone letto, comincia a sciorinare una lista infinita di amanti passati. Sul volto di Fonda vediamo scorrere tutte le emozioni negative che un uomo possa provare: dubbio, perplessità, incredulità, sconforto, rabbia … disperazione.

La vendetta è servita!

Lo scontro tra il femminile (qui intelligente, sofisticato seppur nella sua vitalità circonvoluto) e il maschile (ingenuo, onesto seppur ottuso) ha un vincitore anzi, una vincitrice! Quasi una critica all’ingenuità dello spettatore cinematografico (che viene imbonito dal racconto), questa commedia è una girandola di grandi momenti comici. Bravissimi i due protagonisti, esplosiva e sorprendentemente seduttiva la Stanwyck, goffo e tenero Fonda (innumerevoli i suoi inciampi, fin dal primo sulla gamba, messa a bella posta, di Jean).

Un film estremamente riuscito, dove romanticismo e farsa si uniscono in un clima di generale divertimento. È presente un evidente erotismo (incarnato ineditamente dalla forte presenza scenica della Stanwyck) soprattutto in un lungo piano sequenza che lascio a voi scoprire. Commedia del ‘ri-matrimonio’ (così chiamata da Stanley Cavell), risulta molto interessante anche per la costruzione del personaggio femminile. La sua intelligenza, ma anche il suo essere calcolatrice sarà il prototipo delle successive dark lady (o femme fatale) presenti nei numerosi noir degli anni 40, poi sostituite da figure più ‘addomesticate’ (come quelle interpretate da Audrey Hepburn o dalla sfortunata Maggie McNamara ne La vergine sotto il tetto, 1953).

Tra le varie letture che possiamo dare del film, lo stesso titolo ce ne suggerisce uno: la ‘caduta dell’uomo’ dal suo stato di innocenza (e quanti capitomboli farà durante il film il povero Charlie), tesi di K. Faith (The unruly woman, 1995, p. 162); o quello della falsità, suggerito dai numerosi travestimenti dei con artists o dal fatto che quasi tutti i personaggi hanno due nomi, se non tre.

Un capitolo a parte andrebbe aperto sul genere dei con artist movies.

Fin da sempre Hollywood è rimasta affascinata da queste storie, dove improbabili, ma talentuosissimi personaggi, riescono a truffare la vittima di turno, con elaborate strategie e interpretazioni/camuffamenti magistrali. Leggero e farcito di dialoghi brillanti (durante gli anni 40 la commedia si perfezionò attraverso dialoghi sempre più sofisticati che sostituivano le tipiche slapstick scenes dell’età del muto), ricco di personaggi eccentrici (come il tutore di Charlie, Mugsy) il film ha quel non so che di surreale tipico delle opere di Sturges; questa screewball comedy si gioca tutta sui continui impedimenti al coronamento della relazione tra i due protagonisti (con una serie di situazioni davvero inaspettate).

La sfacciataggine della protagonista è diretta benissimo dal regista, che arricchisce così la sua Comédie humaine ispirandosi a un breve racconto, Two bad hats del commediografo Monckton Hoffe. Il ruolo di Jean sarebbe dovuto andare a Claudette Colbert (straordinaria in Accadde una notte, 1934 con Clark Gable) e quello di Charlie a Joel McCrea (tra i tanti film lo possiamo ammirare in Stars in my crown, 1950).

Queste commedie del ri-matrimonio si basano sul fatto che il primo matrimonio non sia valido; non tanto da un punto di vista prettamente legale, quanto piuttosto per l’effettiva unione della coppia da un punto di vista romantico/morale. Così nel film, seppure i due protagonisti siano sposati, lo divengono di fatto solo quando lei e lui si chiedono scusa vicendevolmente (con lui però, che non sa di essere sposato con Jean, credendo di esserlo solo con Lady Eva).

Sturges costruisce un mondo tutto suo, dove la realtà esterna, quella vera, scompare tra satinate lucentezze e art déco. Un ulteriore sottotema, oltre a quello della doppiezza, è più sottilmente il fatto che nell’animo delle persone non esista solo ‘il bianco o il nero’, quanto un complesso insieme di diverse caratteristiche caratteriali, fatto di luci e ombre. Dirà infatti Jean a Charlie: «You see, Hopsi, you don’t know very much about girls. The best ones aren’t as good as you probably think they are and the bad ones aren’t as bad. Not nearly as bad» promuovendo tra l’altro questa morale: entrambi non potranno mai essere realmente felici fino a quando non si accetteranno completamente per quello che sono.

La rocambolesca vicenda è contornata, come dicevo, da un gran numero di famosi slapstick e vaudevillians’ actors, come Demarest che, seppur ‘focoso’ è acuto; infatti, per tutta la seconda parte del film continua a ripetere che Eva è «definitely the same dame» (assolutamente la stessa donna). Motivo della riuscita del film è comunque la grande interpretazione della Stanwyck e di Fonda. Se lei riesce a impersonare due figure opposte (un po’ come Amy Adams in American Hustle) passando dalla fredda truffatrice (ma innamorata) a l’aristocratica distinta (ma vendicativa) fondendole nel finale, non dev’essere stato facile neanche per Fonda subire i continui capitomboli di fronte alla ‘tentatrice’ restando però credibile (forse meglio di lui solo Cary Grant in Susanna!, 1938) e mantenendo quel fascino che giustifica l’innamoramento della con woman. Il film entrò nella top ten degli incassi del 1941 con il consenso praticamente unanime della critica e… il nostro.

  • Consigliati: Susanna! (1938), Scrivimi fermo posta (1940), La signora del Venerdì (1941), La vergine sotto il tetto (1953), La stangata (1973), I soliti sospetti (1995), Ocean Eleven, twelve, thirteen (2001-2004-2007), Prova a prendermi (2002), Il genio della truffa (2003), American Hustle (2013).

LADY EVA

Regia: Preston Sturges

Cast: Barbara Stanwyck, Henry Fonda

USA 1941

Romuald Marchionne

Letterato di formazione e fumettaro da sempre, amo il cinema in ogni sua singola sfaccettatura, genere e stile, periodo storico, regista e nazione. La folgorazione è avvenuta con Furore (The grapes of Wrath, 1940) di John Ford. In seguito I guerrieri della notte (The Warriors, 1979), con i sette minuti più belli della storia del cinema, mi hanno rapito per sempre nell'infinito universo della settima arte. Nella mia top 10 c'è di tutto, anche se il realismo poetico francese degli anni '30 ha un posto speciale nel mio immaginario...

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