La forma dell’acqua – The Shape of Water di Guillermo del Toro

 

«Il tempo è un fiume che sgorga dal passato.»

La forma dell’acqua. O meglio, la forma ‘anfibia’ dell’amore. Senza perimetri né confini ma fluttuante tra mare e terra, ricostruzione storica (gli anni ’60, la Guerra Fredda…) e matrice favolistica (l’ancestrale quanto orrorifico mondo marino), nel mezzo di un oceano di elementi conturbanti, in tutta la loro potenza erotica e drammaturgica.

Fin dalla nascita, a causa del suo mutismo, l’addetta alle pulizie Elisa (Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio, ovattato, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere incompleto e difettoso, così vive la routine quotidiana senza grosse ambizioni o aspettative. Incaricate di ripulire un laboratorio segreto, Elisa e la collega Zelda (Octavia Spencer) si imbattono per caso in un pericoloso esperimento governativo: una creatura squamosa dall’aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d’acqua.

La forma dell’acqua guarda agli ‘ultimi’, ai diversi per natura o per sventura, come nelle vecchie fiabe nere de Il Mostro della Laguna Nera e dentro una cinefilia gotica-vintage carica di suggestioni, di immaginari mitologici sciolti in quella commozione, che ricordano il Tim Burton dei tempi migliori. Per un’ipnotica levità acquatica (anche un po’ barocca), scaturita dal moto danzante e circolare di ogni rima visiva, tutt’altro che ridondante o gravida delle solite opalescenze narrative. Anzi, Guillermo Del Toro fa di più, si distanzia magnificamente da certe leziosità da macchina: muovendo a passo di danza un film densissimo di simbolismi allegorici, dalla cadenza morale, lì messi in relazione con gli ‘spazi’, con i propri fantasmi individuali, lasciati cullare lungo il pathos dello straordinario. Quello ‘muto’ nella parola ma così pieno di sentimentalismo iper-saturo, splendidamente accompagnato dalle note di Alexandre Desplat.

la forma dell'acqua

Dal cuore onirico al musical galoppante, non c’è allora forzatura emozionale, non ci sono vezzi zuccherosi o riproposti con riciclata programmaticità. C’è, forse, una componente thriller-spionistica dall’idillio un po’ contrastante, ora in conflitto con il languore del fantastico, ora controcorrente nella sua rappresentazione immaginifica e fin troppo ‘impostata’. Tanto simmetrica nel dissimulare, involontariamente, lo splendore romantico a cui mira Del Toro, fra le oscure maglie della creatura mostruosa.

Eppure La forma dell’acqua (ri)emerge delicatamente ogni qualvolta, contro le deformità dell’epoca (razzismo, fanatismo, intolleranza) non dissimili poi dalle smodate paure dell’oggi; coerente al suo stile interno prossimo al cinema più classico, davvero d’altri tempi. Dove invece di ‘sprofondare’ ne innalza le fondamenta, mattone dopo mattone, bagnando di bellezza e poetica mescolanza un amore sognato, temuto ed infine liberamente vissuto. Lì, al dì sopra di qualsiasi discorso politico, come un fuoco fatuo seducente che si innamora perdutamente.

The Shape of Water – La forma dell’acqua

  • Regia: Guillermo Del Toro
  • Cast: Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg
  • USA 2017

Trailer de La forma dell’acqua

Francesco Bruni

Lynchiano di spirito, Malickiano di adozione, mi cimento con la 7 Arte da quando possiedo memoria. Ho collaborato con diverse testate online, esplorando il cinema in tutte le sue forme, prodigandomi nella tecnica audiovisiva come nella scrittura di critica giornalistica. DaDamovie è il mio primo blog cinematografico.
 

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