Suburra, la recensione della prima stagione prodotta da Netflix

 

Suburra è la prima serie italiana prodotta da Netflix ed è disponibile dal 2017 sulla piattaforma streaming. Ambientato nella Roma “cruda” dell’omonimo film (come recita la canzone “7 vizi capitali” di Piotta feat Il Muro del Canto che chiude la 1° stagione), questa serie sottoforma di prequel si svolge negli stessi quartieri malfamati, come lo era in passato quello della Suburra dove si incontravano «patrizi e plebei, politici e criminali, mignotte e preti». Un dedalo di storie e vari protagonisti si intrecciano e convergono attorno ad un affare da due miliardi di euro, che all’apparenza consiste nella costruzione del porto Turistico di Ostia ma che in realtà rappresenta la porta di ingresso della mafia negli affari di Roma.

Il burattinaio che muove i fili è Samurai (Francesco Acquaroli), l’amministratore di Roma, che per realizzare il suo progetto ha bisogno che il Vaticano ceda i terreni di Ostia e così gli Adami, famiglia malavitosa da generazioni. Ciò lo porterà a fare i conti non solo con la Chiesa, ma anche con la politica, coinvolgendo in affari l’onorevole Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro), che scontento della carriera percorsa da uomo onesto, punta a diventare un Samurai della politica, amministrando tutto dalle retrovie, e da mera pedina si trasformerà in un pezzo degli stacchi. Ad ostacolare il loro piano c’è lo strano trio composto da Aureliano, Spadino e Lele. Aureliano Adami (Alessandro Borghi), è uno spirito libero che, contrariamente alla sua famiglia, si oppone ad entrare in affari con Samurai e a cedere i propri terreni. Altro frutto di malcontento deriva dal sentirsi costantemente in competizione con sua sorella Livia (Barbara Chicchiarelli), che tra i due è la preferita dal padre e considerata da tutti come suo futuro erede a capo della famiglia. Per spartirsi il controllo di Ostia, la loro famiglia, quella degli Adami, è in rivalità con quella degli Anacleti, di etnia sinti, il cui leader è Manfredi Anacleti e di cui fa parte anche suo fratello minore Alberto Anacleti, alias Spadino (Giacomo Ferrara), che è costretto ad obbedire alle regole familiari e persino a sposarsi mettendo da parte il suo orientamento sessuale.

Nonostante le rivalità familiari, nasce una profonda amicizia tra Aureliano e Spadino, che si basa sulla voglia di rivalsa, sulla voglia di dettare le regole anziché seguirle, di diventare capi contro il volere di tutti. La loro però un’alleanza fragile, che può vacillare al primo passo falso, e appena si abbassa la guardia c’è sempre una resa di conti ad aspettarli, e la guerra contro zingari è ancora una ferita aperta. A questa gang si aggiunge anche Lele, Gabriele Marchilli (Eduardo Valdarnini), figlio di un poliziotto, coinvolto nello spaccio di droga negli ambienti dell’alta Roma. Ad allearsi con loro c’è anche Sara Monaschi (Claudia Gerini), revisore dei conti del Vaticano, donna arrivista e determinata, disposta a fare di tutto per acquisire i terreni di Ostia ed evitare così il fallimento della società del marito. In un clima di diffidenza reciproca, in cui persino i propri alleati possono diventare nemici, ogni personaggio condivide un clima di paura non tanto legata alla morte quanto alla perdita dei propri cari. Per questo Samurai risulta invincibile, perché ha scelto di non avere una famiglia e quindi risulta non avere punti deboli.

La novità della serie sta prima di tutto nella scelta narrativa del far partire ogni episodio con un flashforward per poi raccontare durante la puntata come ci si è arrivati. C’è un forte studio anche sulla lingua per caratterizzare i personaggi, visto che la distinzione tra le classi sociali viene fatta non solo su un piano antropologico ma anche linguistico, ovvero Sara e Cinaglia, che appartengono alle alte sfere, parlano un perfetto italiano mentre gli altri protagonisti, quelli della periferia e della Suburra, un rude romano.

Per quanto riguarda i ritmi della narrazione sono un po’ lunghi, perché Suburra si prende del tempo per svilupparsi, ma dopo le prime tre puntate tutto diventa più realistico, la trama si fa meno scontata ed i discorsi non più banali. Nello scenario del genere crime, insomma, il confronto non regge con le altre ‘elitarie’ produzioni italiane quali Gomorra o Romanzo Criminale: manca il pathos narrativo del primo e la caratterizzazione dei personaggi del secondo, ma soprattutto a mancare è il coinvolgimento emotivo dello spettatore che fatica a provare empatia per chi muore, non essendoci modo e tempo di affezionarsi alle sorti dei protagonisti. In comune però Suburra può contare sulla bravura degli attori, in particolari sulle intense interpretazioni di Alessandro Borghi e Giacomo Ferrara, che non temono un duello a distanza filologica con Marco D’Amore e Salvatore Esposito.

SUBURRA

Cast: Alessandro Borghi, Giacomo Ferrara, Claudia Gerini

Italia 2017

Trailer di Suburra

Elisabetta Sepe

Cinefila per hobby, decanto i film Disney e non posso fare a meno dei gangster-movie Scorseniani. Con un dottorato in corso d'opera, amo passare il tempo libero seguendo diverse series internazionali, da cui non disdegno anche quelle italiane. DaDa Movie è la mia prima collaborazione di scrittura online.

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